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SUSPIRIA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 aprile 1977
 
di Dario Argento, con Jessica Harper, Alida Valli, Stefania Casini, Joan Bennett, Flavio Bucci, Miguel Bosé, Udo Kier (Italia, 1977)
 
O, dello spreco. Non c'è in circolazione un regista, da molti mesi in qua, che non si lamenti di non poter fare il suo film, o di poterlo fare come vuole. Argento, forse un nome predestinato, dev'essere l'eccezione. Perché di soldi a disposizione deve averne un mucchio. I suoi film, da diversi anni, sono in testa alle classifiche degli incassi, grandi attori non ne prende, quindi il tutto va a finire in arredamenti e vari. Di arredamenti, oggetti e oggettini, prospettive più o meno futuristiche, tendaggi, tappezzerie, luci e colori in SUSPIRIA, come nelle opere precedenti, ce n'é tutto un campionario (spiace per Tovoli, che è un grande direttore della fotografia; come Argento potrebbe esserlo per le scenografie). Credo che Argento pensi di fare del cinema psicologico. Dev'essersi detto un bel giorno qualche bella frase, tipo "dentro ognuno di noi c'è qualcosa di inconscio, basta metterlo in moto per avviare processi vari, eccetera", insomma avete capito, deve aver deciso di fare dei bei viaggi all'interno della psiche degli spettatori,per rimuovere quanto c'è dentro. Ma, soprattutto, per smuoverli dalla poltrona e trascinali a pagare il biglietto alla cassa.

La paura, la violenza, l'orrore o il disgusto del suo cinema dovrebbero avere, probabilmente, delle giustificazioni psicoanalitiche.

Ma, nel cinema, tutto si risolve in uno sguardo. Ora, si trova che lo sguardo di Argento è fra i più volgari, ed i più sboccatamente impotenti, in circolazione. E quindi tutto il suo cinema è fra i più volgari, i più dannosi ed i più smaccatamente mercantili in circolazione.

La paura come inquietudine, come messa in dubbio di determinate certezze, di quieto vivere, di conformismo, può anche andar bene: è quella di Hitchcock, del miglior Polansky, di certi Losey, dell'Altman di IMAGES. La paura come sbudellamento formale e morale è soltanto ridicola, a tratti, o indisponente.

Il cinema di Argento è una rotella del sistema, del mondo tranquillizzante che ci vuol circondare Così come la pornografia vera (quella dell'uomo e della donna mercificati) è accettata e regolarizzata, così la violenza di SUSPIRIA è adottata e ammiccatamente applaudita.

Non disturba, infatti, non turba la routine quotidiana. Quello che invece si cerca di proibire è il sesso usato per un discorso politico, o sociale, o comunque umano (si veda il movimento per la "dignità" dell'uomo al festival di Locarno); o la violenza usata per un discorso civile, o politico, o etico (ed ecco le reazioni alla Rassegna sul cinema americo-latino di Lugano). E allora tiriamo innanzi con pellicole come questa (che sempre di più assomigliano a certi film di Jacopetti, MONDO CANE e compagnia, che andavano di moda qualche anno fa), vietiamole ai minori di sedici anni, e facciamo in modo che dai sedici e un giorno ai novant'anni, tutti vadano ad assistere a come non si debba filmare, a come non si debba musicare, a come non si debba recitare un qualsiasi racconto.

Si può dire di tutto, purché si osservi il "come" lo si dice. Perché da questo "come" dipende il significato ultimo, morale, del discorso. Il cinema di Argento, alla rovescia, può allora essere anche esemplare.


   Il film in Internet (Google)

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